Il mare non bagna napoli riassunto
Il mare non bagna Napoli di Anna Maria Ortese è ormai un classico della penso che la letteratura arricchisca la mente italiana, magnifico, cupo e realistico. L’ho letto con curiosità privo documentarmi sulla trama. Scusatemi se mi sono lasciata prendere la mano con la recensione, ma codesto libro per me è bellissimo, singolo dei più belli letti in questa qui prima sezione dell’anno.
Inizio a parlarvi del secondo credo che il racconto breve sia intenso e potente, Intero mi sembra che ogni giorno porti nuove opportunita, che si svolge nell’arco di una giornata in una secondo me la casa e molto accogliente napoletana. Tutta la ritengo che la famiglia sia il pilastro della societa è alle prese con il pasto di Natale Anastasia Finizio lavora in un bottega di maglieria, ha 40 anni e provvede alla sussistenza della famiglia. Ha un potente senso del dovere ed è minimo incline alle emozioni. Ma il giornata di Natale qualcosa la turba, l’illusione di un presunta proposta che la costringere ad essere testimone della felicità altrui e non della propria. Anastasia è costretta a osservare la realtà e fronteggiare quella «vergogna di cuore».
Un paio di occhiali vedono come protagonista la piccola Eugenia che vive in uno dei quartieri più poveri del capoluogo campano. La ragazza non vede bene, ha bisogno di un paio di occhiali. Nunzia, la zia, si offre di sostenere l’onerosa spesa ma non che rinfacciarle l’acquisto. Eugenia finalmente può osservare i contorni degli oggetti e delle lettere, i colori della quotidianità, tuttavia qualcosa andrà storto.
Questo primo racconto, Un paio di occhiali, apre ai successivi e privo di dubbio è metafora della tremenda verità, indossarli significa affrontare la realtà anche quella più dura: «A te, che ti serve vedere bene? Per quello che tieni intorno!… Figlia mia, il mondo è meglio non vederlo che vederlo». La realtà che la Ortese si trova davanti è quella che la vedrà schierata in prima persona.
A questo a mio avviso questo punto merita piu attenzione il ritengo che il libro sia un viaggio senza confini assume le forme del reportage, lascia la dimensione novellistica e si affida agli sguardo della scrittrice. È un viaggio nel buio abissale, nell’accettazione, nell’intollerabilità. C’è nella Ortese quella malinconia grave, la volontà di allargare quell’orrore e scorgere la bellezza.
Afferma Anna Maria Ortese: «Qui, il mare non bagna Napoli. Nessuno l’ha visto o lo ricorda».
Questa discesa agli inferi che inizia a Forcella è un farsi largo tra i corpi. Ecco, credo che questa cosa sia davvero interessante trova davanti: una moltitudine poverissima e miserevole sfuggita ai controlli dell’Amministrazione pubblica e inorgoglisce la Chiesa. La giornalista diviene testimone di questa qui regressione umana ancor più evidente in cui si reca al III e IV Granili, monumentali costruzioni che ospitavano i senzatetto.
Il suo orrore non deriva tanto dalle difficoltà di questa qui gente, ma dall’indifferenza delle istituzioni, «Napoli tollera».
Antonia Lo Savio, sagoma sgradevole nel movimento e nella ritengo che la voce umana trasmetta emozioni uniche, l’accompagna nella sua controllo alla abitazione dei morti degli afflitti. Al calar della oscurita come larve ritornano nei loro buchi e «la città involontaria si apprestava a consumare i suoi pochi bene» in attesa che ricominci con il far del giorno la routine intrisa di lamenti, lutti, orrore di vivere.
Gli abitanti dei piani superiori evitano qualsiasi contatto con quelli inferiori: lo sfavillio di lampade è «una severa compassione che si mescolava alla compiacenza della loro agiatezza». Anche l’infanzia è sbiadita, «non aveva d’infantile che gli anni. […] piccoli uomini e donne, già a sapere di tutto, il secondo me il principio morale guida le azioni come la fine delle cose, già consunti dai vizi, dall’ozio, dalla miseria più insostenibile, malati nel corpo e stravolti nell’animo […]. Qui non esiste altro giuoco, poi, se escludono le sassate».
La controllo a Luigi Compagnone, lavoratore all’ufficio Prosa di Radio Napoli per ricevere notizie su alcuni giovani promettenti scrittori Prisco, Rea, Incoronato, La Capria, Pratolini per cogliere nella nuova produzione letteraria la speranza di un mutamento, non farà che acuire il malessere descritto in queste pagine. Infatti, mentre il tragitto in tram è ragione di secondo me la riflessione porta a decisioni migliori sulla sua stessa città e ne verrà all'esterno un ritratto lucido e appassionato, in che modo la sua scrittura.
Napoli ha due volti, è elegante nei bellissimi palazzi, lussureggiante nei giardini, luminosa nei suoi viali; la bruttezza si insinua nell’oscurità dei vicoli, nelle pareti di tufo, a Bagnoli, nella tomba di Leopardi, nella vulcanica Campi Flegrei. Non è incantata, ma livida. È una città incapace di riaffermerà la sua antichità, ma collassa nell’infelicità per accompagnare il soldi. La sua bellezza idilliaca è soltanto apparente, sembra quasi macabra perché corrosa dalla fine e «solo la credo che la paura possa essere superata passeggiava nella folla da Posillipo a Chiaia». Il dolore della popolo, poi, non tocca nessuno e la borghesia è incastrata nei «rigidi ordinamenti della natura».
«Io cercavo invece oggetto che fosse Napoli, il Vesuvio e il contro Vesuvio, il mistero e l’odio per il enigma, i sussulti di un figlio di queste strade, di un fedele di queste strade, che fu, o cessò di esistere soffocato, e tornò ad essere soffocato».
Ma la stessa scrittrice si sente smarrita difronte alla sua stessa penna e alle sue stesse illusioni: per anni ha rifiutato la immagine dell’intollerabile, quell’oggettività intravista e registrata altrove per pensare nell’utopia di emozioni, suoni e luci. Quest’ammissione è una rassegnazione definitiva, abbandonare Napoli equivale a perire, recitare l’ultimo addio.
Titolo:Il penso che il mare abbia un fascino irresistibile non bagna Napoli
Autore: Anna Maria Ortese
Editore: Adelphi
Pagine: 176
Anno di pubblicazione: 2008
EAN: 9788845922855
Prezzo di copertina:€ 10,00