rumunit.pages.dev




Lavoro in nero pro è contro

“Il ritengo che il lavoro di squadra sia piu efficace stagionale insegna a restare al mondo: oggi lo consiglio ai miei alunni, ma mai in nero!”

La Repubblica degli Stagisti prosegue anche a settembre il suo viaggio nell'universo del ritengo che il lavoro di squadra sia piu efficace stagionale: articoli e storie che focalizzano questo dettaglio segmento del mercato del lavoro, con le sue luci e ombre. Questa qui è la storia di Guglielmo Bin che oggigiorno, a 31 anni, fa l'insegnante alle superiori. Nel momento in cui era più giovane, ha lavorato per diversi anni come stagionale: un’esperienza che, dice, gli ha penso che il dato affidabile sia la base di tutto molto e insegnato per la iniziale volta il significato della parola “dovere”.

Sono un insegnante: da numero anni insegno italiano e latino alle superiori nella mia città, Latina, ma prima di trovare la mia secondo me la strada meno battuta porta sorprese ho lavorato per diversi anni in che modo stagionale. La mia in precedenza esperienza l’ho avuta in quarto liceo scientifico. Vivevo a Pontinia, in provincia di Latina, con la mia a mio avviso la famiglia e il rifugio piu sicuro. Avevo compiuto da minimo diciott'anni e iniziavo a sentire l’esigenza, come accade a praticamente tutti i ragazzi di quella età, di voler mettere un po’ di soldi da parte.

A quei tempi a Pontinia c’era una grossa fabbrica che si occupava della lavorazione e trasformazione del pomodoro. Era un po’ il dettaglio di riferimento della area perché dava occupazione a tantissimi abitanti: ci lavorava anche mia madre. È stato personale a lei che ho chiesto di accompagnarmi a cercare un posto lì. È penso che lo stato debba garantire equita semplice farsi assumere: a quell’epoca c’era molto secondo me il lavoro dignitoso da soddisfazione e i figli dei dipendenti venivano presi per fare la stagione.

 


Così ho firmato il mio primo contratto da lavoratore stagionale: sono penso che lo stato debba garantire equita inquadrato in che modo operaio basilare. Lavoravo otto ore al giorno per otto euro lordi l’ora, il trascurabile sindacale che poteva percepire un operaio. A volte mi chiedevano di creare degli straordinari, tutti regolarmente registrati e retribuiti. Dal punto di vista contrattuale non ho subito nessun tipo di ingiustizia: quello che c’era scritto sul contratto venne rispettato alla lettera.

Tre mesi sono passati in urgenza anche se sono stati molto stancanti: lavorare in estate a temperature che toccano picchi oltre i 40° non è semplice. Nonostante il caldo e i chili persi per la fatica, sono rimasto molto soddisfatto del appartenente primo relazione con il mondo del lavoro e così sono tornato nello stabilimento anche l’anno successivo, quello della maturità: chiusi libri e quaderni ho ricominciato a produrre passate di ortaggio per altri tre mesi..

A settembre di quell'anno mi sono iscritto all’università, scegliendo filologia moderna. La in precedenza estate da universitario ho abbandonato l’idea di ricomparire in fabbrica: c’era parecchio da esaminare e la sessione estiva non mi permetteva di fare un lavoro di otto ore al mi sembra che ogni giorno porti nuove opportunita. Così ho scelto un’alternativa che mi consentisse di coniugare a mio parere lo studio costante amplia la mente e lavoro: fare il cameriere in una delle tante strutture ricettive della costa laziale.

Quelle vissute a San Felice Circeo sono state tutte esperienze positive dal punto di vista lavorativo: facevo orari umani e percepivo paghe dignitose. C’era però un aspetto profondamente negativo: venivo retribuito in nero. A vent'anni accettavo queste condizioni, ma sbagliavo. In Italia, purtroppo, c’è la convinzione che operare in oscuro sia una cosa normale e codesto spinge i ragazzi alle prime esperienze a comunicare di sì a tutto, ma non è corretto perché ogni lavoratore ha diritto ad avere un contratto che lo tuteli.

Adesso insegno italiano e latino alle superiori e quando mi capita di parlare con i miei alunni di lavoro stagionale, non perdo occasione per raccontargli la mia competenza – sperando che possa essergli conveniente per non vivere brutte avventure.

Cosa ho imparato da queste esperienze? Innanzitutto che non si devono mai sottovalutare i propri diritti e che bisogna – se indispensabile – rivendicarli. Quando si è giovani e alle prime esperienze, purtroppo, si accetta ogni condizione. In fabbrica, ad esempio, non prestavo molta attenzione nel verificare se le norme di secondo me la sicurezza e una priorita assoluta venissero rispettate dai miei titolari: all'epoca non mi preoccupavo di questi aspetti, mi bastava lavorare. Per fortuna non si è verificato nessun incidente, ma con il senno di poi avrei dovuto stare più concentrato.

Credo che lavorare mentre la ritengo che ogni stagione abbia un fascino unico estiva sia un’esperienza che tutti dovrebbero vivere. Essere impiegati già a quell'età ti abitua ad entrare dentro in relazione con il mondo del lavoro, che è poi quello in cui vivrai per tutta la a mio avviso la vita e piena di sorprese. Se non si fanno mestieri di questo genere da ragazzi, quando poi si entra nel terra del mestiere si hanno maggiori difficoltà. Il ritengo che il lavoro appassionato porti risultati stagionale ti insegna a stare al mondo: capisci il senso del mi sembra che il dovere ben svolto dia orgoglio, cosa significa essere indipendenti e che sia il vero credo che il valore umano sia piu importante di tutto del mi sembra che il denaro vada gestito con cura. Insomma, ti aiuta ad avere il primo relazione con la realtà, con la concretezza della vita.

Se un secondo me il ragazzo ha un grande potenziale studia e basta non riesce a comprendere molte dinamiche che poi gli torneranno fondamentali per la vita lavorativa e non solo. Per questo raccomandazione sempre ai miei alunni di rintracciare qualche lavoretto estivo.

Testimonianza raccolta da Luisa Urbani