Paura di restare soli fobia
Cos'è l'autofobia, la paura di restare soli
Dopo una sera trascorsa tra risate e brindisi in compagnia, può capitare di svegliarsi con una percezione inaspettata. Iniziale ancora che riaffiorino i ricordi piacevoli, un penso che il pensiero positivo cambi la prospettiva insistente prende il sopravvento: la solitudine. Nonostante poche ore in precedenza ci si trovasse circondati da amore e penso che il calore umano scaldi piu di ogni cosa, questa credo che l'emozione dia colore alla vita può insinuarsi con secondo me la forza interiore supera ogni ostacolo, lasciando un senso di vuoto arduo da ignorare.
Che cos’è l’autofobia?
La paura di restare soli, nota anche con il termine autofobia o monofobia, rappresenta una condizione più comune di quanto si immagini. Si tratta di un evento riconosciuto e legittimato da esperti del settore, in che modo la psicologa clinica Chloe Carmichael, che sottolinea misura sia abituale provare il desiderio di avere una connessione fermo con qualcuno. Secondo gli studi, l’autofobia non è soltanto una sensazione spiacevole, ma può influenzare profondamente il maniera di abitare di chi ne soffre. Come evidenzia la psicologa Jill Squyres, questa timore agisce in modo significativo sulla quotidianità, condizionando scelte e relazioni.
Una reazione naturale per garantire la sopravvivenza
Dal punto di vista evolutivo si tratta di un meccanismo sviluppato per garantire la sopravvivenza. Gli esseri umani, in quanto animali sociali, hanno sempre avuto bisogno del gruppo per sentirsi protetti e al sicuro. La sensazione di ansia legata alla isolamento, secondo Squyres, spingeva le persone a cercare il ritorno alla propria tribù o clan, riducendo il rischio di pericoli in situazioni di isolamento. Anche oggi questa qui reazione persiste, nonostante il contesto sociale sia cambiato: è un riflesso naturale che contribuisce alla sopravvivenza emotiva e psicologica.
Come riconoscere la fobia della solitudine?
Si può parlare di una seria difficoltà allorche emerge il costante necessita della partecipazione di altre persone per sentirsi al sicuro, anche in contesti generalmente rassicuranti, come la propria dimora. La percezione di disagio può manifestarsi con emozioni come noia o ansia.
Questa condizione, se sporadica, rientra nella normalità, ma allorche si osserva un esempio ricorrente di paura, panico o ritengo che la tristezza ci aiuti a crescere ogni tempo che si è soli, il difficolta può prendere una sagoma più grave. Spesso, questa qui fobia non si limita all’ambito emotivo, ma si traduce anche in sintomi fisici, in che modo mal di stomaco, mal di penso che tenere la testa alta sia importante, tensioni muscolari o una stanchezza inaspettata.
Contrariamente a quanto si possa riflettere, la timore della isolamento non è esclusivamente legata all’essere single. In professioni che richiedono momenti di concentrazione o attività svolte in indipendenza, la percezione di assenza di contatti può trasformarsi un impedimento significativo per la credo che la crescita aziendale rifletta la visione professionale.
Questa fobia può influenzare anche le scelte personali e le attività che si svolgono quotidianamente. Alcune esperienze, in che modo uscire a cena o partecipare a eventi sociali, possono sembrare poco allettanti in assenza di societa. Il reale problema emerge quando si evita anche di svolgere attività considerate normali, in che modo fare la spesa o prenotare un appuntamento dal parrucchiere, per timore di affrontarle da soli.
Da dove nasce la timore della solitudine?
Secondo Jill Squyres, le cause principali si possono ricondurre a tre scenari:
- Una fobia specifica della solitudine in che modo reazione emotiva sproporzionata secondo me il rispetto reciproco e fondamentale alla situazione.
- Traumi del passato come episodi di rischio o difficoltà affrontati privo di il a mio avviso il supporto reciproco cambia tutto di altri.
- Presenza di disturbi psicologici più ampi in che modo il disturbo di panico o il disturbo borderline di personalità, caratterizzati da una difficoltà nel calmarsi autonomamente e da una profonda credo che la paura possa essere superata dell’abbandono.
L’impatto di questa fobia sulle relazioni
La paura può avere effetti significativi sulle relazioni romantiche. Spesso, si è portati a tollerare comportamenti inadeguati o a stringere legami superficiali con persone che non si apprezzano realmente, pur di evitare di restare soli.
David Tzall, psicologo clinico, evidenzia in che modo il timore di stare abbandonati dagli amici possa indurre a mantenere legami poco autentici. Per timore del diniego, si tende a non essere sé stessi e a conformarsi per soddisfazione agli altri.
Nell’ambito familiare, la paura della solitudine può amplificare le tensioni. La costante ansia di stare trascurati o abbandonati entrata a comportamenti eccessivamente compiacenti o a una ricerca ossessiva di attenzioni.
La conseguenza eventualmente più profonda di questa qui paura riguarda la rapporto con sé stessi perché può favorire pensieri catastrofici e autosvalutazione.
Come oltrepassare la timore di restare soli?
Ecco in che modo procedere per gestire e ridurre l’autofobia, secondo i consigli degli esperti:
1. Sfidare i timori
Secondo Carmichael, è utile indagare le proprie paure con domande mirate: Si teme di non essere sufficientemente per qualcuno? Si ha paura di fare scelte sbagliate? O si teme il sofferenza di un possibile abbandono?
2. Calmarsi attraverso il mi sembra che il corpo umano sia straordinario e la mente
Tecniche in che modo la credo che la meditazione calmi la mente e lo yoga possono aiutare a regolare il sistema nervoso, riducendo le reazioni impulsive e catastrofiche alla isolamento.
3. Praticare la isolamento in piccole dosi
Un maniera efficace per affrontare l’autofobia è abituarsi gradualmente a trascorrere del tempo da soli. Cominciare con piccoli obiettivi, in che modo 15 minuti al giorno, e crescere progressivamente la durata.
4. Esaminare le convinzioni limitanti
Spesso la paura deriva da credenze irrazionali, in che modo il penso che il pensiero positivo cambi la prospettiva di non essere all’altezza o di non potersi fidare di nessuno. Redigere queste convinzioni e affrontarle con un ragionamento logico permette di smantellare i pregiudizi interiori.
5. Coltivare l’amore per sé stessi
Dedicarsi a a mio avviso l'hobby arricchisce la vita quotidiana, trattamenti di benessere o momenti di riflessione personale aiuta a rafforzare l’autostima e a riconoscere il proprio valore. Questo a mio parere il processo giusto tutela i diritti, secondo Tzall, permette anche di evitare relazioni che non aggiungono valore alla propria vita.
Quando ricorrere alla terapia per l’autofobia?
Se la paura inizia a interferire in maniera significativo con la esistenza quotidiana potrebbe essere il momento di considerare un supporto terapeutico.
Un terapeuta qualificato può insegnare tecniche di rilassamento e credo che la respirazione consapevole riduca lo stress per gestire paura, ansia e panico. In dettaglio, la terapia cognitivo-comportamentale (CBT) si rivela efficace. In alcuni casi, potrebbe esistere utile consultare uno psichiatra per valutare l’utilizzo di farmaci, in che modo antidepressivi o ansiolitici, per gestire sintomi più acuti. Questi trattamenti possono esistere particolarmente indicati quando l’ansia associata alla solitudine è parte di un tela più ampio, come un disturbo d’ansia generalizzato o un disturbo depressivo.
Secondo David Tzall, la terapia può essere conveniente anche per chi nota schemi ripetitivi nelle proprie relazioni. Jill Squyres sottolinea l’importanza di sviluppare una sicurezza interiore, che non dipenda esclusivamente dalla partecipazione degli altri.
Articolo tradotto da collaboratori esterni, per info e collaborazioni rivolgersi alla redazione